Islanda: racconti di viaggio

Le impressioni che si hanno dell’Islanda sono molto forti, sono emozioni che non ti lasciano indifferente. Prima della partenza non sapevo cosa aspettarmi, ovvero avevo una vaga idea, ma mai mi sarei aspettata di trovare una simile magnificenza.

Terra estrema e di grandi contrasti, l’Islanda assicura incredibili paesaggi in qualsiasi stagione, anche se probabilmente l´estate è il miglior periodo in cui visitarla, in quanto sono permessi sport che con temperature troppo basse non sarebbe possibile praticare.

Prima di partire abbiamo gestito dettagliatamente la situazione famigliare. Infatti questo è tipico viaggio che risulterebbe difficile con un bambino piccolo come il nostro. Siamo partiti per Roma dove abbiamo pernottato il venerdi 18 tutti e tre a casa di Vivi e Alex, vale a dire la nostra seconda casetta italiana in quel di Roma. Il sabato, alle 8 mio marito e mio figlio hanno preso un volo Ryanair, destinazione Lamezia. Lí c´erano i nonni ad aspettarli. Dopo un po di ambientamento e sfrenamento al parco giochi difronte all´aeroporto loro tre sono partiti in auto verso il Punta Alice, un bellissimo villaggio e camping che si trova a 200 km da Lamezia, precisamente a Ciro Marina.

Stephan è rimasto a Lamezia per prendere l´aereo verso le 18. Giornata calabrese per mio marito, che non ha perso l´occasione di farsi i sonnellini all´ombra delle Palme fuori all´aerostazione e che ha imparato a memoria i libri, i giornali e dolcetti vari  in vendita nell´aeroporto. Io nel frattempo in una Roma rovente cercavo di andare a vedere la mostra di Frida Kahlo, inutilmente. E si perché in un sabato di Luglio, nella cittá piu turistica del mondo, la mostra apriva alle 16. Non avendo voglia di aspettare in quel caldo torrido 5 ore, io e Vivi siamo andate a fare altri giri. La sera quando mio marito è rientrato ci siamo rilassati al tramonto sul lungo mare a Fiumicino, dove poi siamo rimasti per un´ottima cena a base di pesce con i nostri cari amici.

Il primo passo verso l´Islanda era fatto. Lasciare Danny boy 11 giorni con i nonni non è stata una scelta difficile. Anche perché mia madre cominciava a dire “ poi d´estate mi lasci il bambino” ancora prima che rimanessi incinta. E i suoi martellamenti sono stati cosi costanti, che durante l´anno ci siamo abituati all´idea. Poi l´estate scorsa eravamo giá stati nello stesso viallaggio, per cui il bambino avrebbe ritrovato, spiaggia, piscina, parco giochi, baby dance e volti giá noti.

Fra l’altro, al mare Danny boy avrebbe respirato  aria buona che sicuramente porterà  benefici per l’inverno amburghese.

Finalmente é arrivata la domenica 21, in cui era previsto il nostro volo alle ore 20, verso Keflavik.

L´aeroporto di fiumicino era strapieno, i posti a sedere prima dei gates tutti occupati. Nell´attesa, un languorino ha cominciato a fare capolinea, cosi per terra a gambe incrociate, ci siamo fatti i nostri panini pomodoro, gentilmente tagliato a rondelle dalla nostra Vivi,  e formaggio manchego spagnolo. L´avventura stava per iniziare.

Dopo lo scalo a Colonia, abbiamo volato per altre 3 ore scarse, nelle quali abbiamo abbondantemente sonnecchiato.

Ad accoglierci è stato il curioso (e desertico, ma d’altronde erano le 1.30) aeroporto di Keflavík. Giacché il primo volo da Rm a Colonia aveva fatto un ritardo impressionante, a Colonia ci hanno caricato senza valigie. Per cui abbiamo fatto la fila per compilare i moduli e informare chi di dovere, dovre avrebbero potuto consegnarci lo zaino, quando sarebbe arrivato.  Devo dire che nella sfortuna siamo stati fortunati, potevamo dare infatti, senza timore l´indirizzo del nostro appartamento a Reykjavik giacché avremmo fatto base li per l´intero viaggio. Ma altri italiani che l´indomani sarebbero partiti all´avventura per girare l´isola, si trovarono in serie difficoltá. Noi avevamo deciso che non avremmo noleggiato un auto. Affittarla, insieme alla leggendaria adrenalina del viaggio on the road, avrebbe significato affrontare costi a mio avviso inutili, perdere tempo nel cercare i posti, preoccuparsi delle strade insidiose, cercare parcheggi e fare benzina. Abbiamo deciso per l´opzione “ farsi portare” pagando le carissime escursioni per vedere le meraviglie dell´isola ma senza preoccupazione alcuna, se non quella di impugnare macchina fotografica e Iphone.

Per trasferirci da lì a Reykjavík abbiamo preso il comodo flybus della Rekjavik Escursions. C’era un’aria frizzante ma non propriamente fredda e il cielo era di un azzurro scuro e intenso. Arrivati alla stazione degli autobus abbiamo preso un taxi per giungere all´appartamento.

L´autista ci ha scaricati e abbiamo cominciato a girare intorno all´edificio senza trovare un citofono. Poi Stephan ha visto la finestra che aveva gia guardato e studiato in google  quando decidemmo di affittare il mini-appartamento. E….sorpresa! Era gia occupato! Abbiamo bussato alla finestra, erano ormai gia le 3 di notte, e una ragazza americana ci ha detto che loro avevano pagato quella notte e sarebbero andati via il gioreno dopo alle 9. La tipa, molto gentile, ha capito l´equivoco e ci ha offerto di dormire sul pavimento qualora fossimo provvisti di sacco a pelo, ma abbiamo gentilmente declinato l´offerta. L´errore era stato mio. Avevo clamorosamente sbagliato la prenotazione, prendendo l´appartamento un giorno dopo il nostro arrivo e pagando una notte in piú, l´ultima, dopo il nostro ritorno. Complici sicuramente gli orari strambi dei voli per e dall´Islanda.

Ma erano le 3 e faceva freddo, lo zaino con i nostri giubbotti tecnici non era arrivato. Che fare? Siamo entrati con aria spavalda nell´hotel difronte all´appartamento per sapere se avevano camere libere. Dopo un bel no diretto sul muso, abbiamo spiegato al concierge l´arcano equivoco e lui ci ha offerto di trascorrere qualche ora nella Hall sui divani. Beh che dire un inizio niente male eh?

as

Alle 6 il concierge ci ha pure portato il caffè e alle 7 erano gia aperti i primi bar. Ci siamo raccolti e avviati, con un fare allo stesso tempo stanco e eccitato, per le strade di Rekjavik.

Un odore di croissantes e pane tostato si insidiosamente impossessato di noi e ci siamo inoltrati in un bar con tavolini in ferro battuto, divanetti in pelle nera e le stoviglie interamente gialle che io adoro.

Me ntre facevamo la nostra meritata colazione, ho sentito parlare catalano. C´erano solo altri tre ospiti a parte noi nel bar. Mi sono rivolta a loro in catalano e abbiamo iniziato a chiacchierare.