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Dintorni di People square

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Vicoli di Shanghai

Cina

Mi sa che una delle cose che mi ha provocato il panico in Cina è stata l’entrata alla stazione centrale di Pechino, tutti spingono con le loro valigie e mi sa che mi son fatta vari lividi alle gambe, menomale che c’era Giulietto con me…dopo 12 ore notturne passate in un comodo treno, sono arrivata a Shanghai.

La casa di Andrea è piccola ma bellissima.

Andrea col suo accento di romano per bene, con i suoi sissì e nonnò, e tutti gli altri difetti lessicali dei romani mi mette allegria. Chiacchiera e fa le smorfie all’italiana… Sono andata a far la spesa in un supermercato per occidentali e ho comprato tutte cose per fare un piatto thailandese. Una giordanata lo so… Il mio amico torna alle 21 e troverà una cena pronta…. spero.. e dopo cena film: lost in traslation in italiano. Ho voglia di una vita normale, cenare a casa e vedere un film sul divano. i locali di shanghai? ma chi se ne frega!tanto c’è tempo…

questo è il post scritto stamattina tra una canzone e l’altra, che parla di una bistrattata e olimpionica Pechino…. è lungo, se avete tempo bene, altrimenti la crocetta è in alto a destra.


Si. Sono soltanto nella seconda tappa di questo viaggio, e mi sto rendendo conto pian piano che quello che mi dicevano, sta effettivamente realizzandosi. Sto facendo l’esperienza più importante della mia vita. Sto conoscendo il mondo, la sua gente, la sua storia.

Ok, il mio racconto inizia….

L’arrivo…

All’aereoporto di Pechino, Fabrizio è entrato dentro con il suo mitico VIPpass, e me lo sono incontrato alla fine di una scala mobile ancor prima di prendere la valigia. Ma è solo la prima di tante altre sorprese, si la Cina ti sorprende continuamente. Il cielo è azzurrissimo e c’è il sole, contrariamente alle mails di allarme arrivate dai miei, quando nella mail di mamma leggo ” giordana, sono papà” significa che il fatto è serio…i tifoni vietnamiti li avevano spaventati a morte.

Un cielo distinto da come me lo ero aspettato, ma era solo per una scena di benvenuto, dopo infatti si sarebbe “ingrigito” per il resto della settimana.

Sullo skyline Fabrizio mi fa notare l’edificio di Rem Koohlas, in costruzione, che nella parte superiorè unirà le due torri. Arriviamo a casa di Giulio, lui non c’è perché è al lavoro, la casa è carina. Parquet, un divano rosso nel salotto, tende pesanti stile anni 60, una cucina color arance rosse e nella mia stanza un piumino sul letto, di colore verde acido. E la cosa più bella un’intera parete vetrata. Siamo andati a mangiare a casa di Fabrizio dove sono iniziate le presentazioni, sua moglie, una delle figlie e poi è arrivato Giulio, capelli lunghi, occhi azzurri spaziali e viso buono, come del resto tutti gli altri.

Il pomeriggio dopo aver disfatto la valigia e riordinato scartoffie varie, mi sono appisolata sul quel letto matrimoniale tutto per me e ho cominciato a guardare, attraverso la grande vetrata, le nuances di cui si vestiva, pian piano la città. Mi sono addormentata pensando di essere nella cara e immensa Cina, guardando un cielo rosato.

Piazza Tian’anmen

Nella piazza più grande del mondo, teatro di manifestazioni, rivolte, massacri, canti e dello svolazzare dei libretti rossi di Mao, non può non venire la pelle d’oca. Chiudo gli occhi e penso alle manifestazioni che ho fatto io, quelle per un mondo migliore, quelle con basco rosso e sciarpa rossa. Avevo 20 anni. All’improvviso ricordo la paura delle cariche della polizia e ricordo gli avvertimenti di chi mi stava vicino, ” la testa, devi pensare solo a quella se caricano, le braccia sulla testa, senza aver paura” Io invece di paura ne avevo tanta ma cercavo di non farla uscire fuori, proprio come in questo viaggio.

La quantità impressionante di turisti cinesi che scattano foto all’impazzata mi fa tornare alla realtà. La piazza è piena di sculture di fiori, il cielo è grigio, e ci dirigiamo verso l’ingresso alla città proibita. La città imperiale, proibita alla plebe. Solenne, maestosa ma contro i miei ideali, per cui il distacco spirituale lotta con il trasporto da architetto che c’è dentro di me. L’estetica, l’architettura e la storia, meritano il loro rispetto, anche se vanno contro le nostre concezioni di vita. E scatto anche io foto alle decorazioni dai colori brillanti e ai tetti con le punte verso il cielo.

cibarie….cenette con Giulio e non solo…

Verso sera quando finalmente Giulio ed io possiamo stare un po’ insieme, mi chiede come fece Takashi a Tokyo, dove preferisco cenare ed elenca una serie di ristorantini di varia etnia. Scelgo un tailandese, perché a intuito credo che la Thailandia, sarà una delle tappe preferite del viaggio e perché la sto aspettando con un’ansia particolare. Il Purple Haze da come si intuisce dal nome, è tutto color porpora, ci sono luci colorate e occidentali seduti ai tavoli. Le sedie sono tutte di differenti tappezzerie e hanno una quadrato svuotato sullo schienale. Candele e fiori ad accoglierci sul tavolo, ci sediamo e iniziamo a irrorare i nostri reciproci racconti con birra fresca, senza i bicchieri caldi di lavastoviglie, per fortuna. In realtà comincio a hechar de meno un buen Ribera del Duero, ma al ritorno la migliore bottiglia sarà stappata in mio onore, ne sono sicura!

Giulio mi parla del suo lavoro al dipartimento di aiuti internazionali, degli ideali e del megaposto di lavoro che aveva a Milano e che ha lasciato per seguirli…gli ideali. Gli ideali, i sogni, si dovrebbero coltivare un po’ di più, perché dopo ti senti bene con te stesso. Mi descrive i cinesi, sono bravi ma ancora troppo chiusi, e mi parla delle scintille che ci sono nell’aria asiatica, scintille dovute agli entusiasmi per una progressiva crescita in tutti i campi. Giusto quello che in Europa da un po’ non si respira più..Nelle altre sere siamo sempre andati in posti lussuosi e cari, ma per gli occidentali, ristoranti normali. Una sera dopo lo spettacolo teatrale dell’Opera di Pechino (di cui parlerò nel libro, mica posso scrivere tutto qui sul blog) siamo andate, al ristorante japo. Un’altra sera prima di una sessione di massaggi in uno splendido SPA, siamo andati in un posto taiwanese. La penultima sera al miglior ristorante italiano di Bejing e l’ultima sera pizza a casa davanti a due mitici film. Devo dire che l’uni
ca cosa che mi spaventa in Cina, è il cibo, per questo tra le paste italiane della cameriera di Giulio, il purè di patate e le cotolette impanate della moglie di Fabrizio e ristoranti a rischio zero, mi sono coccolata. Avrò tempo e modo di smaltire.

La città: una Bejing a due facce.

La città si sviluppa di 5 anelli, (presente il GRA di Roma?uguali) senza i quali la circolazione sarebbe ancora peggio. Il traffico è un autentico problema. In costruzione ce ne sono altri due. Senza proprietà privata è più facile sventrare e fare parcheggi e edificioni grigi che svettano verso un cielo dello stesso colore.

Uno degli architetti italiani che ho intervistato in questi giorni, mi ha detto che prima dell’assegnazione delle Olimpiadi, quando la commissione direttiva venne in città, la circolazione delle auto, fu pilotata, le auto eleganti potevano andare ovunque, quelle vecchie e malandate potevano accedere solo a determinate zone. Questa piccolezza, chiamiamola così, mi ha fatto ricordare quando vennero a Napoli i G7. Questi sarebbero passati a Via museo e quindi si restaurò la facciata principale del museo nazionale che affacciava sull’omonima strada e non la parte laterale che dà a santa Teresa degli Scalzi. Ogni mondo è paese. Ma la realtà di Pechino ha veramente due facce. Quella che si vedrà alle olimpiadi sarà quella ufficiosa, quella messa a nuovo, lo stadio di Herzog & de Meuron, il Watercube di PTW, le torri congiunte di Rem Khoolas e il nuovo teatro di Paul Auster.

L’altra faccia è nascosta tra gli hutong e in altri quartieri poveri, molto ma molto cinesi. Gli hutong sono i vicoli che si sviluppano intorno alla città proibita, alla piazza Tian’anmen e a tutto il centro storico. A volte ci sono vicoli che hanno ampiezza 50 centimetri. A volte puoi vedere (l’ho fotografato) un impianto esteriore di aria condizionata sul muro delle baracche. Le biciclette sfrecciano tra i panni stesi, spesso rattoppati, i vapori acri che fuoriescono dalle pentole incrostate, idratano le piante della casa giardino che è davvero un tutt’uno. Poi ci sono i cinesi che hanno delle botteghe sulle strade principali, e ….nel retrobottega, se si aguzza la vista, s’intravede qualche coperta e qualche cuscino. D’estate poi dormono tutti allegramente per strada, materasso di 4 centimetri per terra e via.

I segni del comunismo si vedono nelle piazze, quando alle 8 di sera, in bicicletta arrivano le coppie, che dopo il lavoro, prima di rientrare a casa, si mettono a ballare il valzer, seguendo una musica che arriva chissà da dove. Anche in questo caso mi sono realmente emozionata. C’erano almeno 100 coppie. Il segno comunista appare quando alle fermate dell’autobus, sotto il vetro verticale sono esposte le pagine del quotidiano, così possono leggerlo anche quelli che non possono comprarlo.

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Macao

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Macao

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Hong Kong vista all’ interno del Pic.

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Beijing