Ero uscita dal lavoro alle 17.15. Faceva ancora un caldo boia a Deira, il quartiere piú popolare di Dubai, in mezzo al quale c´erano i container prefabbricati, i nostri uffici. Noi architetti e ingegneri impegnati nella progettazione del Dubai Metro Project.

Era la prima settimana che lavoravo. Mi stavo dando da fare per trovare un autista, perché non potevo sempre fidarmi dei tassisti e nemmeno sostenere la spesa dei taxi  col tassametro. E non avendo la patente non potevo neanche comprarmi un´auto.

Il sole  era ancora alto, odore di plastica e cemento mischiati a sabbia arrivavano sull´uscio della porta mentre aspettavo nell´ufficio della segretaria per chiamare un taxi.

Il numero del servizio taxi era sempre occupato, dopo 15 minuti eravamo riusciti a prenotarne uno, ma avrebbe tardato 20 minuti per cui scesi in strada e dopo 20 minuti di malessere interno mi diressi a malincuore in un hotel,  dove invece sorprendentemente mi  procurarono velocemente un taxi in una manciata di secondi.

Arriva un uomo sui cinquanta anni, sguardo fiero e carnagione scura. Ovviamente chiesi al tassista, pakistano come scopríi piú tardi, se conosceva il posto in cui dovevo andare e lui OVVIAMENTE disse di si.

A Dubai  dicono tutti di si. SEMPRE.

Ovviamente NON SAPEVA LA STRADA. E io nemmeno essendo arrivata nella cittá da solo 5 giorni.

Ci perdemmo; all´orizzonte solo piante selvatiche secche e sabbia; avevo il cellulare completamente senza batteria. Il cuore ormai cominciava a battermi forte, un senso di paura iniziava a far capolino.

Il pakistano, dopo tutto sembrava una brava persona; mi offrí il suo telefono affinché potessi mettere la mia sim card e chiamare la famiglia italiana che mi stava ospitando a Dubai Marina.

M ail numero dei miei nuovi amici doveva essere memorizzato sul telefono e non sulla Sim. Stava andando tutto storto. Ormai era buio. E le strade non erano ben illuminate oltre che vuote.

Al vedere delle spianate completamente deserte, cominciai a piangere.

” Oh my God, no Madame please, no Madame please., I want help you, please”

Aveva gia spento il tassametro da un pezzo.

All improvviso mi ricordai che Paul il reclutatore che mi aveva assunta per l´impresa Giapponese nella quale lavoravo,  aveva scritto sulla mappa di Dubai,  il mio indirizzo temporaneo, e magari preciso come era , poteva anche averci scritto il numero di telefono.

infatti. Inshalla.

Chiamammo 3 volte i miei amici, perché nonostante le ripetute indicazioni, il povero Cristo non riusciva a portarmi al compaund.

Verso le 7.40 entrai a casa con gli occhi gonfi ma subito ci furono occhi buoni pronti ad ascoltarmi e a sostenermi.

Avevo affrontato la mia prima disavventura a Dubai.